domenica 22 aprile 2012

CROCIERA NELL’INFINITO


CROCIERA NELL’INFINITO – Alfred Elton van Vogt – 1951 – Ed.Fanucci (1973) 

n°1 della collana FUTURO Biblioteca di fantascienza.

 Consultando le pagine di Wikipedia riguardanti il film di Ridley Scott “Alien”, qualche tempo fa venni a sapere che l’autore di fantascienza A.E. van Vogt provò ad intentare una causa per plagio nei confronti degli autori del film. La vicenda mi ha incuriosito parecchio e così mi sono procurato una copia del romanzo in questione è l’ho letta con molta curiosità. Quali potevano essere le uguaglianze fra il racconto e la sceneggiatura del film? 
Mi aspettavo un racconto unico e invece, grazie alle note in copertina e alla prefazione, scopro che il romanzo è composto da 4 racconti, apparsi nella famosa rivista di fantascienza statunitense  Astounding, che raccontano le gesta dell’astronave Space Beagle (omaggio a Charles Darwin) e del suo equipaggio formato dai migliori scienziati terrestri, divisi in dipartimenti a seconda della propria specializzazione. 

L’inizio è dei più intriganti: il Courl, creatura extraterrestre simile ad un grande gatto tentacolato, non trova più cibo nelle lande desolate del suo pianeta. Disperato per la fame che lo attanaglia trova la Space Beagle, astronave terrestre in missione di esplorazione. La creatura proverà ad ingannare gli umani e a farsi imbarcare sull’astronave. Purtroppo, la mancanza di Id, l’energia degli esseri viventi della quale il Courl si nutre e la scaltrezza degli scienziati, porteranno velocemente all’annientamento l’extraterrestre. La vicenda fa da sfondo all’attività di Grosvernor, giovane scienziato Connettivista, il quale deve confrontarsi con la farraginosa burocrazia interna dei dipartimenti delle varie specializzazioni e con la lotta per il potere fra i  vari capi dipartimento. 

Il secondo racconto riguarda i Riim, misteriose creature alate. Grosvernor scoprirà che la minaccia subita dalla Space Beagle è determinata dall’atteggiamento  dei Riim, innocuo per la loro natura ma letale per la nave spaziale, i quali si rivelano agli umani solo in particolari condizioni di ipnosi.

Il terzo episodio della “Crociera” parla dell’Ixtl, una creatura descritta come un demonio scarlatto, che vuole utilizzare gli esseri umani come incubatrici per le proprie uova, spinto dall’istinto di sopravvivenza della propria specie.

Nel quarto ed ultimo atto, gli scienziati affrontano l’Anabis, sfuggente creatura cosmica, assimilabile quasi ad un fantasma. Solo il Connettivismo e l’azione autoritaria di Grosvernor salveranno la Space Beagle dalla disfatta. 

Ritornando alla premessa di questa recensione, in effetti, le analogie con l’alieno più terrificante della storia del cinema ci sono: il Courl e l’Ixtl vengono espulsi con l’inganno dall’astronave per poter essere annientati e sempre l’Ixtl utilizza i corpi degli esseri umani viventi per la gestazione delle proprie uova.  Effettivamente può sembrare che gli autori di Alien abbiano pescato a piene mani dal romanzo in questione ma la resa cinematografica del lungometraggio ha un “sapore” totalmente diverso rispetto a questo romanzo. Scritto e diretto quasi 30 anni dopo Crociera nell’infinito, gli eventi della Nostromo sono perennemente claustrofobici e a tratti terrificanti, lontani anni luce dal romanzo di Van Vogt che predilige ed evidenzia l’ingegnosità dell’intelletto umano di fronte all’imponderabile piuttosto che far leva sulla paura dell’ignoto, presente in ogni fotogramma del’opera di Ridley Scott.  

 Invece di approfittare del successo cinematografico per una rivisitazione della “Crociera”, magari in chiave più moderna e adatta ai tempi, l’autore del romanzo pretende un compenso da Scott e soci. L’esatto opposto è avvenuto con “Il mistero della strega di Blair” di Daniel Myrick e Eduardo Sanchez nel 1999. La trama di“The Blair Witch Project” ha ridestato un interesse quasi morboso nei confronti del  capolavoro di Ruggero Deodato “Cannibal Holocaust”, all’epoca ormai dimenticato. I più attenti rimasero sorpresi del clamoroso successo di TBWP, indicando nella trama del regista romano il primo vero esempio di “Mockumentary” della storia della cinematografia. Se non fosse stato per il film statunitense non ci sarebbero mai state le stampe in dvd e la versione definitiva di “Cannibal Holocaust”,rimasterizzata del 2004. Io stesso ho recuperato “Crociera nell’infinito” per leggerlo e capire le affinità con la pellicola incriminata. 

Tornando al romanzo di Van Vogt, oltre alle creature aliene, nel racconto si parla del Connettivismo: l’utilizzazione coordinata di tutte le scienze per i propri scopi. 
Perché limitarsi ad una o alcune specializzazioni. L’individuo deve sviluppare la capacità di “connettere” tutte le scienze per risolvere problemi, per lo studio e per affrontare le insidie dell’esplorazione spaziale. La competizione interna fra i capi dipartimento che affligge la Space Beagle è un grosso ostacolo burocratico che Grosvernor aggira grazie all’approccio connettivista nei confronti degli imprevisti extraterrestri della “Crociera”. Alla fine, persino l’odioso Kent, sostituto direttore della missione esplorativa, riconoscerà i meriti della nuova scienza.
Inoltre, durante i colloqui fra scienziati, si fa riferimento ai “Cicli della storia” teorizzati realmente dal tedesco Oswald Spengler nei primi anni del Novecento. Egli proponeva la storia dell’umanità formata da cicli ripetuti costantemente, composti da un inizio, un culmine e il successivo declino.
Una piccola biografia di Spengler è proposta in appendice al termine del libro in mio possesso, edito da Fanucci nel 1973, primo numero della collana “FUTURO - Bibblioteca di fantascienza “ curata da Gianfranco De Turris e Sebastiano Fusco.

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