CROCIERA NELL’INFINITO – Alfred Elton van Vogt – 1951 – Ed.Fanucci (1973)
n°1 della collana FUTURO Biblioteca di fantascienza.
Consultando le pagine di Wikipedia riguardanti il film di
Ridley Scott “Alien”, qualche tempo fa venni a sapere che l’autore di
fantascienza A.E. van Vogt provò ad intentare una causa per plagio nei
confronti degli autori del film. La vicenda mi ha incuriosito parecchio e così
mi sono procurato una copia del romanzo in questione è l’ho letta con molta
curiosità. Quali potevano essere le uguaglianze fra il racconto e la
sceneggiatura del film?
Mi aspettavo un racconto unico e invece, grazie alle
note in copertina e alla prefazione, scopro che il romanzo è composto da 4
racconti, apparsi nella famosa rivista di fantascienza statunitense Astounding, che raccontano le gesta
dell’astronave Space Beagle (omaggio a Charles Darwin) e del suo equipaggio
formato dai migliori scienziati terrestri, divisi in dipartimenti a seconda
della propria specializzazione.
L’inizio è dei più intriganti: il Courl, creatura extraterrestre
simile ad un grande gatto tentacolato, non trova più cibo nelle lande desolate
del suo pianeta. Disperato per la fame che lo attanaglia trova la Space Beagle,
astronave terrestre in missione di esplorazione. La creatura proverà ad
ingannare gli umani e a farsi imbarcare sull’astronave. Purtroppo, la mancanza
di Id, l’energia degli esseri viventi della quale il Courl si nutre e la
scaltrezza degli scienziati, porteranno velocemente all’annientamento
l’extraterrestre. La vicenda fa da sfondo all’attività di Grosvernor, giovane
scienziato Connettivista, il quale deve confrontarsi con la farraginosa
burocrazia interna dei dipartimenti delle varie specializzazioni e con la lotta
per il potere fra i vari capi
dipartimento.
Il secondo racconto riguarda i Riim, misteriose creature
alate. Grosvernor scoprirà che la minaccia subita dalla Space Beagle è
determinata dall’atteggiamento dei Riim,
innocuo per la loro natura ma letale per la nave spaziale, i quali si rivelano
agli umani solo in particolari condizioni di ipnosi.
Il terzo episodio della “Crociera” parla dell’Ixtl, una
creatura descritta come un demonio scarlatto, che vuole utilizzare gli esseri
umani come incubatrici per le proprie uova, spinto dall’istinto di
sopravvivenza della propria specie.
Nel quarto ed ultimo atto, gli scienziati affrontano
l’Anabis, sfuggente creatura cosmica, assimilabile quasi ad un fantasma. Solo
il Connettivismo e l’azione autoritaria di Grosvernor salveranno la Space
Beagle dalla disfatta.
Ritornando alla premessa di questa recensione, in effetti,
le analogie con l’alieno più terrificante della storia del cinema ci sono: il
Courl e l’Ixtl vengono espulsi con l’inganno dall’astronave per poter essere
annientati e sempre l’Ixtl utilizza i corpi degli esseri umani viventi per la
gestazione delle proprie uova.
Effettivamente può sembrare che gli autori di Alien abbiano pescato a
piene mani dal romanzo in questione ma la resa cinematografica del
lungometraggio ha un “sapore” totalmente diverso rispetto a questo romanzo.
Scritto e diretto quasi 30 anni dopo Crociera nell’infinito, gli eventi della
Nostromo sono perennemente claustrofobici e a tratti terrificanti, lontani anni
luce dal romanzo di Van Vogt che predilige ed evidenzia l’ingegnosità
dell’intelletto umano di fronte all’imponderabile piuttosto che far leva sulla
paura dell’ignoto, presente in ogni fotogramma del’opera di Ridley Scott.
Invece di approfittare del successo
cinematografico per una rivisitazione della “Crociera”, magari in chiave più
moderna e adatta ai tempi, l’autore del romanzo pretende un compenso
da Scott e soci. L’esatto opposto è avvenuto con “Il mistero della strega di
Blair” di Daniel Myrick e Eduardo Sanchez nel 1999. La trama di“The Blair Witch
Project” ha ridestato un interesse quasi morboso nei confronti del capolavoro di Ruggero Deodato “Cannibal
Holocaust”, all’epoca ormai dimenticato. I più attenti rimasero sorpresi del
clamoroso successo di TBWP, indicando nella trama del regista romano il primo
vero esempio di “Mockumentary” della storia della cinematografia. Se non fosse
stato per il film statunitense non ci sarebbero mai state le stampe in dvd e la
versione definitiva di “Cannibal Holocaust”,rimasterizzata del 2004. Io stesso
ho recuperato “Crociera nell’infinito” per leggerlo e capire le affinità con la
pellicola incriminata.
Tornando al romanzo di Van Vogt, oltre alle creature aliene, nel
racconto si parla del Connettivismo: l’utilizzazione coordinata di tutte
le scienze per i propri scopi.
Perché limitarsi ad una o alcune
specializzazioni. L’individuo deve sviluppare la capacità di “connettere” tutte
le scienze per risolvere problemi, per lo studio e per affrontare le insidie
dell’esplorazione spaziale. La competizione interna fra i capi dipartimento che
affligge la Space Beagle è un grosso ostacolo burocratico che Grosvernor aggira
grazie all’approccio connettivista nei confronti degli imprevisti
extraterrestri della “Crociera”. Alla fine, persino l’odioso Kent, sostituto
direttore della missione esplorativa, riconoscerà i meriti della nuova scienza.
Inoltre, durante i colloqui fra scienziati, si fa
riferimento ai “Cicli della storia” teorizzati realmente dal tedesco Oswald
Spengler nei primi anni del Novecento. Egli proponeva la storia dell’umanità
formata da cicli ripetuti costantemente, composti da un inizio, un culmine e il
successivo declino.
Una piccola biografia di Spengler è proposta in appendice al
termine del libro in mio possesso, edito da Fanucci nel 1973, primo numero
della collana “FUTURO - Bibblioteca di fantascienza “ curata da Gianfranco De
Turris e Sebastiano Fusco.
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