martedì 5 giugno 2012

ANNI SENZA FINE


ANNI SENZA FINE (City) – Clifford D. Simak – 1952 – versione definitiva 1972 
Collana Cosmo Bibblioteca n°3 – Gennaio 2005


 
Capolavoro di Simak, comprendente vari racconti raccolti e pubblicati nel 1952, conclusi dall’Epilogo scritto nel 1972 che chiude il cerchio della narrazione. Si tratta infatti di una raccolta dove ogni racconto viene presentato come una sorta di leggenda dalla cui narrazione non si riesce a definire esattamente l’esistenza passata degli esseri umani sulla terra. L’autore descrive gli avvenimenti di circa ventimila anni di evoluzione, dove il robot Jenkins è unico testimone degli accadimenti terrestri: l’umanità lascia il pianeta per stabilirsi sul pianeta Giove, lasciando la Terra in mano ai Cani parlanti, ai mutanti e ai robot selvaggi. Rimane un piccolo presidio umano presso la città di Ginevra (ecco cosa giustifica il titolo originale del romanzo, City). La piccola comunità di esseri umani perde ogni riferimento sociale ed esistenziale. La vita è tranquilla, senza sofferenze, crimini, fame e, per porre fine ai loro giorni, decidono per una sospensione volontaria dell’esistenza, in attesa di periodi più stimolanti. Non si sa nulla o quasi delle vicende dei mutanti e i robot lavorano instancabili al servizio delle creature della Terra. L’evoluzione dei Cani porterà questi ultimi ad abbandonare a loro volta il pianeta per un avvenimento totalmente inaspettato. Il robot Jenkins, al compimento dei suoi settemila anni viene omaggiato dai Cani di un nuovo corpo cibernetico, migliore dell’originale, e con questo parte alla volta dell’insediamento dei mutanti, ma questi non ci sono più; hanno abbandonato il pianeta. Nel frattempo, i robot vengono misteriosamente richiamati dalle Formiche per lavorare al loro progetto della “Costruzione”. Le Formiche, inizialmente organizzate nei formicai che tutti conosciamo, riuscirono ad evolvere grazie all’input di uno dei primi mutanti, ma i loro schemi mentali non riusciranno a reagire e ad evitare la disfatta. Prima di questa, i Cani arriveranno allo stesso livello di evoluzione raggiunto dagli esseri umani e anch’essi decideranno di abbandonare la Terra, invasi dalla “Costruzione” delle Formiche. Jenkins, testimone e “traghettatore” di tutte le civiltà, fedele ai Webster (cognome del essere umano creatore del primo cane parlante Nathaniel) o agli umani, che dir si voglia, rimane a presidiare la dimora originale di chi diede inizio a tutto, finché un giorno non compare un’astronave con a bordo Andrew, uno dei robot definiti da Jenkins “selvaggi” ed evolutisi ai margini del pianeta. Jenkins abbandonerà la Terra insieme al suo simile lasciando il pianeta al suo naturale destino.

Bellissimo trattato filosofico sul tema dell’evoluzione di una civiltà. Le scelte compiute portano il destino su binari sconosciuti. A volte questi portano nella giusta direzione, verso esistenze sublimi e altri portano al decadimento inevitabile. Simak intrattiene il lettore con l’approfondimento dei personaggi, le loro personalità e i rapporti fra esseri di specie diverse. Piacevole lettura, nonostante la frammentazione in leggende. Un must per tutti gli appassionati.

martedì 8 maggio 2012

LA MACCHINA DELL'ETERNITA'


LA MACCHINA DELL’ETERNITA’ – Mark Clifton & Frank Riley – 1954 – Premio Hugo 1955 – Collana Nord Cosmo Oro n°88 – Gennaio 1988

ATTENZIONE: da questo punto in avanti, spoiler!

Un servomeccanismo per l’industria aeronautica viene sviluppato al punto tale da diventare un Super Computer. Le potenzialità della nuova macchina, affettuosamente soprannominata Bossy (nomignolo usato dai bambini americani per indicare una mucca), sono intuite dal giovane studente Joe Carter il quale, insieme agli scienziati sviluppatori del congegno, sta fuggendo per potyre sperimentare la macchina lontano  dagli occhi indiscreti dei mass media e del governo. In questo verranno aiutati da Carney e Mabel, anziuana coppia dal torbido passato, e dal magnate dell’industria Kennedy. Bossy viene sperimentata in clandestinità su Mabel la quale riceverà il dono dell’immortalità, ringiovanendo miracolosamente nel giro di pochi giorni, grazie ad un mix di plasma e di apertura mentale nei confronti delle domande poste dall’apparecchiatura. Il risultato finale comprende quello che il giovane Joe si aspettava, come unico telepate del pianeta: Mabel, oltre a ringiovanire, acquisisce facoltà telepatiche. L’immortalità, ovviamente è ricercata da tutta l’umanità e Kennedy riesce a manovrare mediaticamente l’opinione del mondo intero fino ad una dimostrazione publica delle capacità di Bossy. Uno dei due scienziati si sottopone al trattamento. Davanti a miliardi di persone in diretta tv, l’esperimento fallisce miseramente. Solo una mente aperta può ambire all’immortalità. Carney sarà il secondo successo di Bossy. Nel frattempo, Kennedy riuscirà ad intuire le nuove capacità telepatiche di Joe, Mabel e Carney, tenedole ben nascoste al resto degli interessati. Scoperto l’arcano per il buon funzionamento della procedura, a questo punto il mondo intero e pronto a ricevere l’immortalità dalla macchina. Le autorità mondiali, politiche, governative e private vorrebbero impossessarsi di Bossy per i loro scopi ma Kennedy e i suoi collaboratori riusciranno a resistere e a produrre a livello industriale la “Macchina dell’eternità” lasciando all’umanità la facoltà di decidere sul suo utilizzo, su scala planetaria.  

Ho trovato molto curioso il fatto che, ad un anno di distanza dal 1° Premio Hugo, in questo romanzo si parli nuovamente di telepati. Ne “L’uomo disintegrato” troviamo la società divisa in telepati di diverso grado ed esseri umani normali. In questo romanzo invece abbiamo l’unico vero telepate del mondo alla ricerca disperata di un suo simile. L’interazione telepatica del trio Joe, Mabel e Carney è molto simile alle travagliate vicende esistenziali degli ESPer del racconto di Bester. La lettura di questo romanzo mi è risultata un pochino ostica, forse perché non sono tanto avvezzo a grandi discorsi filosofici, ma è proprio questo aspetto che ha fatto della “Macchina dell’eternità” un romanzo degno di vincere il prestigioso Premio Hugo nel 1955. Mi sento quindi di consigliare la lettura solo agli appassionati di fantascienza.

lunedì 30 aprile 2012

L’UOMO DISINTEGRATO


L’UOMO DISINTEGRATO – Alfred Bester – 1953 – Premio Hugo - Oscar Fantascienza - Aprile 1992


 
Inizio una serie di mie personali recensioni dei Premi Hugo della letteratura fantascientifica Mondiale, nella speranza di proseguire la rassegna mantenendo fede all’ordine cronologico della premiazione. 

Nell’ormai lontano 1953, Alfred Bester vince la prima edizione con il suo “L’uomo disintegrato”, sostanzialmente un giallo a tinte fantascientifiche.

ATTENZIONE: da questo punto in avanti, spoiler!

Ben Reich, potente uomo d’affari, ha due nemici nella sua vita: il suo diretto avversario, titolare della multinazionale D’Courtney e l’Uomo senza Volto, il suo senso di colpa celato nelle pieghe della propria coscienza, protagonista dei suoi incubi notturni. L’impero di Reich si sta sfaldando sotto gli impietosi colpi della D’Courtney. Due soluzioni all’orizzonte: chiedere una fusione dei due colossi finanziari oppure uccidere D’Courtney. Ben Reich è un uomo molto diretto, arrogante e presuntuoso ma, messo alle strette dalla situazione, chiede ufficialmente la fusione delle compagnie. La comunicazione avviene in codice ma la risposta è negativa (solo agli occhi accecati dall’odio di Reich) e questi decide quindi di far fuori il vecchio D’Courtney. Aiutato da alcuni suoi dipendenti esper, riuscirà nell’intento. L’imprevisto è dietro l’angolo. La figlia di D’Courtney assiste all’omicidio e scappa innescando una serie di intoppi che porteranno Ben Reich alla capitolazione finale. La polizia del XXIV secolo, ovviamente, è fornita di esper di primo grado. Il detective Lincoln Powell, responsabile delle indagini, giocherà bene le sue carte e riuscirà ad incastrare Reich e coronerà il proprio sogno d’amore con la figlia di D’Courtney, telepate latente.

Come suggerito dalla trama, la particolarità dell’epoca durante la quale si svolge la vicenda (XXIV secolo) è la presenza di esseri umani telepati. Questi prosperano sotto l’egida della Lega degli ESPer che individua i potenziali soggetti, addestrandoli attraverso gradi di apprendimento. Se il comportamento di un telepate infrange gravemente le regole deontologiche, questo viene messo al bando per sempre. Il peso di questa condanna è così insopportabile che Jerry Church, dipendente di Reich espulso dalla Lega, aiuterà il suo capo nel compiere il delitto per ottenerne la riammissione.
Un altro aspetto interessante dell’esistenza dei telepati viene messo in evidenza durante il racconto: la difficoltà degli ESPer a rapportarsi con gli esseri umani meno dotati fino alla loro divisione in “gradi” basati sul livello di capacità telepatica. Addirittura i legami affettivi vengono assoggettati al grado telepatico delle persone. Difficile avere un rapporto sentimentale equilibrato quando i soggetti sono in possesso di diversi livelli ESPer.
Nell’immaginario di Bester il futuro è descritto in piccoli ed efficaci passaggi, senza mai approfondire troppo. Si capisce che il sistema solare è stato colonizzato e che, parte dell’umanità, ha sviluppato capacità telepatiche. Due semplici premesse che fanno da sfondo agli eventi del romanzo.
La lettura è semplice e scorrevole. Un libro consigliatissimo anche ai profani della fantascienza.

giovedì 26 aprile 2012

IO SONO IL NUMERO QUATTRO


IO SONO IL NUMERO QUATTRO – Pittacus Lore – Ed. Nord – Anno 2011
 
Sull’onda del film , uscito nel 2011 e diretto dal regista D.J. Caruso, è venuto alla luce anche il romanzo ispiratore della storia. Pittacus Lore non è solo lo pseudonimo dietro il quale si nascondono James Frey e Jobie Hughes, i veri autori del romanzo, ma anche il nome del Capo degli Antenati, colui che darà inizio alla storia dei nove superstiti del pianeta Lorien.
 Anche se il taglio editoriale pare piuttosto alto, cosa che si evince dalla copia in mio possesso, il livello del romanzo si attesta sull’adolescenziale (come si dice oggi, Young Adult). Nonostante questo, l’avventura del protagonista John Smith mi ha divertito molto  e le sue 384 pagine sono volate via in un batter d’occhio.
Il pianeta Lorien è attaccato dai Mogadoriani, esseri malvagi che hanno succhiato ogni risorsa al loro pianeta d’origine e si vedono costretti a depredare altri pianeti per la loro sopravvivenza. Durante lo scontro finale, un’astronave riesce a fuggire dal pianeta con a bordo nove bambini di Lorien accompagnati dai loro tutori. La Terra sarà il loro nascondiglio, in attesa di sviluppare quelle Eredità che permetteranno ai figli di Lorien di tornare in patria e scacciare i temibili Mogadoriani invasori. Questi ultimi purtroppo riescono in qualche modo a tracciare la fuga dell’astronave ed individuano il pianeta Terra come nuovo pianeta da conquistare, senza rinunciare alla caccia dei superstiti.  I Nove sono legati da un incantesimo che darà loro un certo vantaggio ma non l’immortalità. Marchiati a fuoco e numerati, potranno essere uccisi dai Mogadoriani solo nell’ordine prestabilito. La frase in copertina è chiara: “Eravamo nove. Tre sono morti….. Sono il numero Quattro”…..

ATTENZIONE: da questo punto in avanti, spoiler!

Il giovane protagonista John Smith, insieme al suo tutore-Cepàn Henri, percorre gli USA in lungo e in largo, cambiando continuamente identità, in attesa dello sviluppo delle prime Eredità che permetteranno al protagonista di formarsi per affrontare in maniera adeguata i feroci Mogadoriani. La fuga dalla Florida li spinge fino a Paradise, una cittadina nell’Ohio. A dispetto di tutte le precauzioni adottate fin’ora dalla coppia di fuggitivi, il ragazzo si mette subito in evidenza durante il primo giorno di frequentazione nella nuova scuola bisticciando col bullo di turno Mark, il quarterback della squadra di football dell’istituto e figlio dello sceriffo della contea. Tutto ciò  suscita simpatia agli occhi dell’ ex fidanzata Sarah, ovviamente la ragazza più carina dell’intero istituto. Fra i due nascerà un amore così forte da andare oltre tutte le avversità fino all’epilogo. Le prime Eredità non si fanno attendere. Il controllo del fuoco e della luce. La telecinesi e in seguito pure la telepatia. Henri sta sempre all’erta tenendo sotto controllo i media e internet, alla ricerca di indizi che rivelino la presenza dei Mogadoriani. A scuola John conosce Sam, un appassionato di complotti a sfondo Ufologico. Su una fanzine spedita per posta, John trova un’anteprima di un eccezionale scoop dove verrà rivelata la presenza dei Mogadoriani sulla Terra e del loro piano d’invasione. L’interessamento di Henri agli autori di quella fanzine scatenerà una serie di eventi che porterà allo scontro finale fra il Numero Quattro dei sopravvissuti di Lorien ed i soldati di Mogadore. La disperata impresa riuscirà grazie all’inaspettato intervento della Numero Sei, esasperata dalla continua fuga e dalla perdita del proprio tutore, e anche dal cane di John, creatura di Lorien simile ad una chimera, celata dietro un sicuro anonimato.

Bello e divertente. Mi sento di consigliarlo a tutti, magari in versione economica o ebook.

domenica 22 aprile 2012

CROCIERA NELL’INFINITO


CROCIERA NELL’INFINITO – Alfred Elton van Vogt – 1951 – Ed.Fanucci (1973) 

n°1 della collana FUTURO Biblioteca di fantascienza.

 Consultando le pagine di Wikipedia riguardanti il film di Ridley Scott “Alien”, qualche tempo fa venni a sapere che l’autore di fantascienza A.E. van Vogt provò ad intentare una causa per plagio nei confronti degli autori del film. La vicenda mi ha incuriosito parecchio e così mi sono procurato una copia del romanzo in questione è l’ho letta con molta curiosità. Quali potevano essere le uguaglianze fra il racconto e la sceneggiatura del film? 
Mi aspettavo un racconto unico e invece, grazie alle note in copertina e alla prefazione, scopro che il romanzo è composto da 4 racconti, apparsi nella famosa rivista di fantascienza statunitense  Astounding, che raccontano le gesta dell’astronave Space Beagle (omaggio a Charles Darwin) e del suo equipaggio formato dai migliori scienziati terrestri, divisi in dipartimenti a seconda della propria specializzazione. 

L’inizio è dei più intriganti: il Courl, creatura extraterrestre simile ad un grande gatto tentacolato, non trova più cibo nelle lande desolate del suo pianeta. Disperato per la fame che lo attanaglia trova la Space Beagle, astronave terrestre in missione di esplorazione. La creatura proverà ad ingannare gli umani e a farsi imbarcare sull’astronave. Purtroppo, la mancanza di Id, l’energia degli esseri viventi della quale il Courl si nutre e la scaltrezza degli scienziati, porteranno velocemente all’annientamento l’extraterrestre. La vicenda fa da sfondo all’attività di Grosvernor, giovane scienziato Connettivista, il quale deve confrontarsi con la farraginosa burocrazia interna dei dipartimenti delle varie specializzazioni e con la lotta per il potere fra i  vari capi dipartimento. 

Il secondo racconto riguarda i Riim, misteriose creature alate. Grosvernor scoprirà che la minaccia subita dalla Space Beagle è determinata dall’atteggiamento  dei Riim, innocuo per la loro natura ma letale per la nave spaziale, i quali si rivelano agli umani solo in particolari condizioni di ipnosi.

Il terzo episodio della “Crociera” parla dell’Ixtl, una creatura descritta come un demonio scarlatto, che vuole utilizzare gli esseri umani come incubatrici per le proprie uova, spinto dall’istinto di sopravvivenza della propria specie.

Nel quarto ed ultimo atto, gli scienziati affrontano l’Anabis, sfuggente creatura cosmica, assimilabile quasi ad un fantasma. Solo il Connettivismo e l’azione autoritaria di Grosvernor salveranno la Space Beagle dalla disfatta. 

Ritornando alla premessa di questa recensione, in effetti, le analogie con l’alieno più terrificante della storia del cinema ci sono: il Courl e l’Ixtl vengono espulsi con l’inganno dall’astronave per poter essere annientati e sempre l’Ixtl utilizza i corpi degli esseri umani viventi per la gestazione delle proprie uova.  Effettivamente può sembrare che gli autori di Alien abbiano pescato a piene mani dal romanzo in questione ma la resa cinematografica del lungometraggio ha un “sapore” totalmente diverso rispetto a questo romanzo. Scritto e diretto quasi 30 anni dopo Crociera nell’infinito, gli eventi della Nostromo sono perennemente claustrofobici e a tratti terrificanti, lontani anni luce dal romanzo di Van Vogt che predilige ed evidenzia l’ingegnosità dell’intelletto umano di fronte all’imponderabile piuttosto che far leva sulla paura dell’ignoto, presente in ogni fotogramma del’opera di Ridley Scott.  

 Invece di approfittare del successo cinematografico per una rivisitazione della “Crociera”, magari in chiave più moderna e adatta ai tempi, l’autore del romanzo pretende un compenso da Scott e soci. L’esatto opposto è avvenuto con “Il mistero della strega di Blair” di Daniel Myrick e Eduardo Sanchez nel 1999. La trama di“The Blair Witch Project” ha ridestato un interesse quasi morboso nei confronti del  capolavoro di Ruggero Deodato “Cannibal Holocaust”, all’epoca ormai dimenticato. I più attenti rimasero sorpresi del clamoroso successo di TBWP, indicando nella trama del regista romano il primo vero esempio di “Mockumentary” della storia della cinematografia. Se non fosse stato per il film statunitense non ci sarebbero mai state le stampe in dvd e la versione definitiva di “Cannibal Holocaust”,rimasterizzata del 2004. Io stesso ho recuperato “Crociera nell’infinito” per leggerlo e capire le affinità con la pellicola incriminata. 

Tornando al romanzo di Van Vogt, oltre alle creature aliene, nel racconto si parla del Connettivismo: l’utilizzazione coordinata di tutte le scienze per i propri scopi. 
Perché limitarsi ad una o alcune specializzazioni. L’individuo deve sviluppare la capacità di “connettere” tutte le scienze per risolvere problemi, per lo studio e per affrontare le insidie dell’esplorazione spaziale. La competizione interna fra i capi dipartimento che affligge la Space Beagle è un grosso ostacolo burocratico che Grosvernor aggira grazie all’approccio connettivista nei confronti degli imprevisti extraterrestri della “Crociera”. Alla fine, persino l’odioso Kent, sostituto direttore della missione esplorativa, riconoscerà i meriti della nuova scienza.
Inoltre, durante i colloqui fra scienziati, si fa riferimento ai “Cicli della storia” teorizzati realmente dal tedesco Oswald Spengler nei primi anni del Novecento. Egli proponeva la storia dell’umanità formata da cicli ripetuti costantemente, composti da un inizio, un culmine e il successivo declino.
Una piccola biografia di Spengler è proposta in appendice al termine del libro in mio possesso, edito da Fanucci nel 1973, primo numero della collana “FUTURO - Bibblioteca di fantascienza “ curata da Gianfranco De Turris e Sebastiano Fusco.